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Dott.ssa Mariacristina Banfi - Medico e Piscoterapeuta ad orientamento cognitivista

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Disturbo ossessivo compulsivo

Disturbo ossessivo compulsivo

Piet Mondrian, Composizione con rosso, giallo e blu ( 1929)

Le persone affette da disturbi ossessivi soffrono per la presenza di OSSESSIONI e/o COMPULSIONI che occupano molto tempo della loro giornata e che interferiscono negativamente con le normali attività quotidiane ( studio, lavoro, svago, relazioni familiari e sociali, sonno…)
Le OSSESSIONI possono essere definite come PENSIERI o IMMAGINI RICORRENTI, vissute come intrusive e indesiderate, che generano PAURA INTENSA (ANSIA) di poter commettere una COLPA legata alla TRASGRESSIONE DI NORME MORALI ( esempio: contrarre malattie contagiose e contagiare altri, fare del male a se stessi o ad altri, compiere atti moralmente indegni dal punto di vista sessuale o pronunciare frasi blasfeme).
Le COMPULSIONI sono gesti ripetitivi (es: lavarsi le mani in continuazione, controllare che il rubinetto del gas sia chiuso, mettere in ordine in modo maniacale alcuni oggetti di casa) o anche azioni mentali (preghiere, frasi scaramantiche, contare mentalmente ecc..)volte a cercare di “neutralizzare” l’ossessione o perlomeno a ridurre l’ansia che essa suscita.
I numerosi studi condotti sui pazienti affetti da questi disturbi concordano che alla base di questi sintomi invalidanti ci siano alcune caratteristiche cognitive specifiche del soggetto: senso esagerato di responsabilità, tendenza al perfezionismo morale e a non distinguere tra pensieri e azioni/realtà, l’intolleranza dell’incertezza che normalmente fa parte della vita.
Queste caratteristiche si formano spesso sulla base delle prime relazioni di attaccamento nei contesti familiari: si tratta frequentemente di ambienti rigidi e molto attenti al rispetto delle regole, nei quali la trasgressione di una norma è punita in modo sproporzionato e soprattutto con una reazione di distanza affettiva, attraverso uno “sguardo disprezzante” da parte del genitore.
Il percorso psicoterapeutico, spesso coadiuvato dalla somministrazione di psicofarmaci, consiste in un lavoro di ridimensionamento cognitivo della “minaccia di colpa” e di accettazione dell’incertezza connessa alla vita di noi esseri umani.
La vulnerabilità al disturbo sarà poi ridotta attraverso la rivisitazione della storia del paziente per ridurre la minaccia intollerabile di commettere una colpa morale: attraverso l’elaborazione in immaginazione guidata di momenti di eccessiva colpevolizzazione sarà possibile ritrovare un equilibrio emotivo migliore, dandosi il “permesso” di sbagliare e sviluppando un’accettazione benevolente di se stessi.

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